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Vediamo Darcine, una bambina di quattro anni, la prima volta nel febbraio 2010 a Bururi. Alla prima visita emerge un esoftalmo all’occhio sinistro con una formazione periorbitaria di natura non determinabile. Nel dicembre dello stesso anno, attraverso la Caritas, la bambina e i genitori sono fatti venire in Italia e la piccola viene ricoverata presso l’azienda ospedaliera universitaria di Siena. Dopo una lunga serie di indaginisi effettua un intervento chirurgico esplorativo ed una biopsia che mette in evidenza un linfangioma e un'iniziale cataratta di media entità da non operare. La famiglia torna pertanto a casa in Burundi.Durante la quarta missione rivediamo la bambina presso l’ospedale di Bururi per un controllo. L’esoftalmoè invariato ma purtroppo la cataratta è peggiorata e la bambina non ha più campo visivo. Decidiamo di operarla e verificare così la funzionalità visiva. L’intervento si svolge con successo. Ci lasciamo con la prescrizione di gocce oculari e di rivederla nelle missioni successive per un controllo in quanto il tumore è a malignità locale e può essere controllato a distanza di tempo.
Nellyse è una bambina affetta da cataratta congenita bilaterale. Riconosce la sua mamma solo dall’odore e dal seno al quale si attacca avidamente per mangiare. Cieca fin dalla nascita, la operiamo il 1° maggio del 2012 con tecnica "Faco", quindi con la rimozione delle cataratte attraverso gli ultrasuoni,e le impiantiamo due lenti da 22 diottrie. La piccola ci commuove, così minuta occupa solo una piccolissima parte del tavolo operatorio, intubata, assistita dall’anestesista e dai tre infermieri del gruppo. L’oftalmologo esegue con la consueta abilità questa delicatissima operazione. Tutto prosegue senza intoppi e al risveglio di Nellyse facciamo tutti a gara per tenerla in braccio. La mattina dopo, quando vengono tolte le bende, notiamo con emozione che la bambina è attirata dalla luce. Sta bene e, come conferma la mamma, mangia regolarmente. Siamo felici di pensare che questa bambina è ora in grado di vedere il mondo con i propri occhi.
Blaise, quattro anni, è un bambino affetto da cataratta congenita ad entrambi gli occhi. È cieco e timoroso mentre ci sente parlare in una lingua a lui sconosciuta. Con la preziosa collaborazione di Sami, anestesista egiziano presso l’ospedale di Bururi, il bambino viene addormentato e intubato. L’intervento procede senza intoppi. Blaise si risveglia un po' intimidito dall’ambiente che finalmente riesce a vedere. Bastano pochi minuti di sguardi intorno a sé e inizia a mostrare i primi sorrisi. I giorni dopo l’intervento procedono senza problemi e i controlli sono più che soddisfacenti. Ora Blaise vede bene. E grande è stata la soddisfazione di tutta l’équipe che l’ha operato quando Blaise e la sua mamma, a un anno di distanza dall'intervento, sono venuti a salutarci. Abbiamo potuto vedere che il suo incubo era ormai passato e che poteva vivere la stessa vita dei suoi compagni.
Il 28 aprile 2012 vediamo Jeanette quando si presenta in ambulatorio insieme alla sua mamma. Cammina a testa bassa ed è sempre girata dall’altra parte. La bambina ha 14 anni e inizialmente pensiamo che sia per un problema di timidezza ma visitandola ci si accorge che il suo occhio destro è stato asportato. Non è facile per lei far vedere ad altre persone la sua menomazione, specialmente a dei dottori bianchi di cui ha timore.La mamma racconta che tutto ebbe inizio in una notte di 7 anni fa, quando nel suo villaggio ci fu un'incursione di banditi armati. Quella notte Jeanette viene strappata dalle braccia della madre. Picchiata selvaggiamente, le estirpano l’occhio destro. In questo modo si creano invalidi e si deturpano le donne per renderle meno attraenti. Quando le diciamo che possiamo aiutarla impiantando una protesi. Le superstizioni sono dure a morire, nei mercati ci sono venditori di amuleti e rimedi a base di animali essiccati di ogni genere. La bambina pensa che quello che le abbiamo fatto vedere sia l’occhio di un qualche animale. Con l’aiuto della mamma, riusciamo a convincerla che la protesi è di plastica e che potrà metterla e levarla da sé quando e dove vorrà farlo. E così, la mattina del giorno successivo, le mettiamoquella protesi. Quando si specchia, un sorriso smagliante le illumina il viso e ci abbraccia con forza ringraziandoci.
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